Che sia quello di foresta o quello di savana, il destino degli elefanti è in serio pericolo.
Oggi, 12 agosto, è la Giornata Mondiale dell’Elefante
Questa giornata è stata fondata il 12 agosto 2012 dalla canadese Patricia Sims e dalla Elephant Reintroduction Foundation della Thailandia.
Da quel momento, Patricia Sims collabora con oltre 100 organizzazioni per la conservazione degli elefanti in tutto il mondo, e raggiunge con il suo suo operato innumerevoli individui.
Attualmente sono meno di 450mila gli elefanti che sopravvivono in Africa.
Nel 2021, gli elefanti sono stati inclusi per la prima volta nelle categorie di rischio più elevato, nella lista rossa della IUCN.
Attiva da 50 anni, la Lista Rossa IUCN è il più completo inventario del rischio di estinzione delle specie a livello globale:
http://www.iucn.it/liste-rosse-cosa-sono.php#:~:text=Attiva%20da%2050%20anni%2C%20la,principali%20esperti%20delle%20diverse%20specie.
L’elefante di savana (Loxodonta africana) è ritenuto in pericolo, mentre quello di foresta (Loxodonta cyclotis) è addirittura “in pericolo critico” di estinzione, il massimo livello di allarme.
L’essere umano e tutte le attività che gli ruotano intorno è la causa principale del rischio di estinzione degli elefanti.
Crisi climatica e conseguente aumento delle temperature e siccità, bracconaggio dovuto principalmente alla domanda di avorio, perdita di habitat e conflitti con la popolazione locale sono le minacce più importanti.
Soprattutto parlando di bracconaggio, la situazione è aggravata dalla presenza sempre più massiccia di gruppi terroristici, che spesso gestiscono il commercio illegale di parti animali selvatici, importante fonte di guadagno per queste organizzazioni.
Gli elefanti africani sono dotati di zanne che possono raggiungere i 3 metri di lunghezza. Essendo fatte di avorio, sono considerate materie di grande valore: una maledizione per questi animali.
Come spesso accade, gli animali sono costretti a proteggersi da noi umani. Così gli elefanti hanno sviluppato una strategia per difendersi: perdere le zanne. La causa di questa mutazione pare coincida con la guerra civile che scoppiò in Mozambico, nel 1977.
Infatti per finanziare lo sforzo bellico entrambe le parti in causa contavano sulla vendita sul mercato nero di avorio ricavato dalle zanne degli elefanti.
Secondo uno studio del biologo Shane Campbell-Staton della Princeton University è un gene a essere responsabile di questo handicap… decisivo per la sopravvivenza.
https://www.focus.it/ambiente/animali/elefanti-perdono-zanne-per-difendersi-dal-bracconaggio
Uno dei problemi, proseguendo l’analisi della situazione, non è tanto la carenza di spazio vitale, ma piuttosto il fatto che a causa dell’uomo gli elefanti occupino meno di un quinto dello spazio idoneo disponibile.
Nel continente africano ci sono ancora 18 milioni di km quadrati di terra idonei ad ospitare popolazioni di elefanti, dei quali però appena il 17% è abitato dai pachidermi.
Sono circa 20.000 gli elefanti africani vittime del bracconaggio, il 4% della popolazione mondiale.
A conti fatti, soltanto negli ultimi dieci anni, gli elefanti africani sono diminuiti di oltre il 20%.
La situazione appare ancora più drammatica se si guarda alle foreste. In quattro paesi dell’Africa centrale, le popolazioni di elefanti di foresta sono diminuite di circa il 66% negli ultimi anni.
Nella Selous Game Reserve la popolazione è passata dai 110.000 agli attuali 15.200 individui: un triste primato.
Nel maggio 2020 sono stati rinvenuti 169 elefanti morti nei dintorni di alcune aree umide del delta. Il delta dell’Okavango è uno dei più grandi delta interni del mondo, situato tra Namibia e Botswana: un’area ricchissima di biodiversità.
Soltanto nel giugno dello stesso anno, il numero dei morti era più che raddoppiato, soprattutto intorno alle acque.
Dopo numerosi rilevamenti, si pensa che le morti possano essere legate al numero sempre maggiore di alghe tossiche.
Secondo gli esperti, la loro comparsa sarebbe una diretta e drammatica conseguenza del riscaldamento globale in atto.
Dopo la minaccia delle introspezioni petrolifere relative al giacimento scoperto tra Namibia e Botswana, si aggiunge anche la calamità dei cianobatteri presenti nelle acque.
La sopravvivenza degli elefanti è sempre più in pericolo.
Il declino degli elefanti è sotto gli occhi di tutti, ma è possibile invertire il trend.
In alcune riserve infatti, la popolazione dei pachidermi è addirittura cresciuta negli ultimi anni. E’ il caso degli elefanti che vivono nelle aree protette del Gabon e della Repubblica del Congo e ancora quelli dell’area di conservazione transfrontaliera del Kavango-Zambezi. Questo ci dimostra che ancora molto di quello che si può fare è nelle nostre mani.
Gli effetti della pandemia da Covid19 sugli elefanti sono stati sia positivi che negativi.
Se, da una parte, il prosciugamento dei flussi turistici ha privato i governi delle risorse necessarie alla conservazione dei pachidermi, dall’altra il calo dell’attività umana dovuta ai lockdown ha visto gli elefanti ricolonizzare numerose aree dalle quali si erano allontanati.
Questo dimostra che l’uomo può fare bene, ma anche male: sta a noi scegliere di lasciare un impronta positiva sul Pianeta.
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