Pensare e agire in modo etico: la vera forza risiede nei valori

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La vera forza risiede nei valori e Gandhi ne è l’esempio per eccellenza. L’aspetto sorprendente della sua lotta è stato essere riuscito a vincere contro un impero grazie alla forza delle proprie convinzioni e rinunciando alla violenza.
Sono molti gli esempi di persone che nel corso della storia hanno subito destini terribili solo per difendere quello in cui credevano. Tutte queste persone sono accomunate da una forza di spirito straordinaria. Una forza che nasce da dentro, che risiede nella mente e nel cuore. Non proviene dalla superiorità fisica, né economica o di altro tipo. Queste persone riescono a lottare, e molto spesso a vincere, grazie alla loro superiorità morale dimostrando che la vera forza risiede nei valori.
Pensare e agire in modo etico: la vera forza risiede nei valori

“I tuoi valori definiscono chi sei realmente. La tua vera identità è la somma totale di tutti i tuoi valori.” -Assegid Habtewold-

La moda etica

L’idea che l’impresa debba assumersi delle responsabilità nei confronti della società sembra riscontrare un consenso crescente da parte della comunità internazionale. 
Potrebbe sembrare peculiare descrivere la moda come una questione sociale. I dati relativi all’impatto ambientale ed umano di questa industria sono più che idonei a qualificarla in tale modo. 
Pensare e agire in modo etico: la vera forza risiede nei valori

L’impatto ambientale della filiera della moda è legato al consumo. Consumo di energia, di acqua, di suolo, di risorse non rinnovabili. L’impiego di fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi. Le emissioni in atmosfera di gas e agli scarichi nelle acque, la produzione di rifiuti tossici e l’immissione nell’ambiente di prodotti inquinanti. Ultimo, non per importanza, lo smaltimento degli abiti (avviati in discarica o inceneriti).

L’impatto sociale è caratterizzato, invece, da abusi sul lavoro. Retribuzioni troppo basse, orari di lavoro eccessivi, straordinari forzati e mancanza di sicurezza sui posti di lavoro.

La tragedia di Rana Plaza

Il termine “moda etica” è iniziato a circolare fra i più a seguito della tragedia di Rana Plaza. Il 24 aprile del 2013 crollò a Dacca una palazzina di otto piani dove erano collocate 5 diverse fabbriche tessili di abbigliamento per marchi internazionali. Nel crollo dell’edificio morirono 1.129 persone e ne rimasero ferite più di 2.500. Solo a seguito di questa terribile tragedia il mondo ha iniziato a rendersi conto delle conseguenze umane del frenetico mercato della moda.
https://www.internazionale.it/video/2014/10/27/il-vero-prezzo-della-moda

La moda che ci danneggia

I dati dell’industria tessile al momento sono allarmanti.
Dalle indagini condotte dal movimento internazionale Fashion Revolution emerge come in Guandong, in Cina, le giovani donne facciano fino a 150 ore mensili di straordinari. Il 60% di loro non ha un contratto ed il 90% non ha accesso alla previdenza sociale. In Bangladesh i lavoratori che realizzano indumenti guadagnano 44 dollari al mese (a fronte di un salario minimo pari a 109 dollari).

Fashion Revolution ha stimato nel corso di un’indagine condotta su 91 marchi di abiti che solo il 12% di questi abbia intrapreso azioni dirette a garantire un salario minimo legale per i propri lavoratori.
ll Bangladesh Child Right Forum stima che siano 7,4 milioni i bambini bangladesi costretti a lavorare fin da piccoli. Nel 17% dei casi diventano vittime di abusi e torture nel 17 % dei casi.

Visioni positive

Sono nati, così, negli anni progetti diretti a promuovere lo sviluppo di comunità locali nel terzo mondo con il proposito di dare autonomia lavorativa alle comunità locali; progetti di impresa in cui l’intero ciclo di produzione è realizzato rispettando i diritti dei lavoratori coinvolti; imprese dirette a raggiungere una riduzione, riuso e riciclo delle risorse nell’intera filiera ed imprese che utilizzano fibre biologiche e biodegradabili o tinture naturali.
Pensare e agire in modo etico: la vera forza risiede nei valori

Elemento caratterizzante l’impresa di moda etica è la trasparenza. Solo attraverso una filiera di produzione trasparente è possibile monitorare che non avvengano abusi umani ed ambientali.

I capi di abbigliamento realizzati in modo etico hanno, per loro stessa natura, dei costi più elevati. Il punto di cambiamento è in mano ai consumatori.
Se iniziassero a richiedere capi di abbigliamento dal basso impatto ambientale, sempre più imprese indirizzerebbero le loro scelte in queste direzioni.

I progetti italiani che sono d’ispirazione

È partita dai foulard e si è espansa esplorando il mondo delle borse, delle calzature e delle mascherine antibatteriche. Il tutto utilizzando il bambù: la nostra pianta preferita!

Innbamboo nasce a Firenze nel 2013. Mettendo in campo il know how di due generazioni di imprenditori con decenni di esperienza nel settore tessile e in altri comparti produttivi, dando vita a una nuova filosofia che mette al centro artigianalità e sostenibilità.
http://www.innbamboo.it

Sono partiti con la linea di foulard in bambù. Dopodichè hanno ampliato la loro offerta, utilizzando sempre il bambù per borse, calzature. Adesso producono anche mascherine lavabili in lino e bambù.

Nel 2018 nasce Made 4 woman. Si tratta di un innovativo progetto di luxury fashion, basato ad Antananarivo, la capitale del Madagascar, con un’anima sostenibile, ma con uno stile tutto italiano. A capo di questa impresa troviamo Eileen Akbaraly, cittadina del mondo, metà italiana e metà indiana. http://www.madeforawoman.org

Alla base di Made 4 woman c’è la rafia. Una fibra ecologica, naturale, riciclabile e biodegradabile, che la startup malgascia utilizza per realizzare borse, cappelli, accessori di home decor.

Un vero esempio di etica vero?

Amiamo lasciarci ispirare dagli esempi positivi! Vorremmo raccontarti i nostri progetti ecosostenibili, contattaci senza impegno: www.genesilife.it/modulo-contatti/http://www.genesilife.it/modulo-contatti/